Per porre una corretta diagnosi della celiachia è evidente
che bisogna effettuare delle indagini. Queste vanno fatte nei modi e nei tempi
giusti, continuando a mangiare con glutine, perché qualunque esame potrebbe perdere di
validità se nel contempo si segue una dieta priva di glutine.
Il primo approccio prevede una cronologia dettagliata della
sintomatologia ed un'analisi di questi sintomi nella storia familiare, poiché è
altamente probabile ritrovare un caso di celiachia in parenti di primo grado.
Successivamente si devono eseguire dei test sierologici che prevedono la
ricerca degli anticorpi che innescano tutto il processo della manifestazione
clinica della malattia ed infine, anche considerando i risultati dei test
sierologici e per definire la diagnosi e la successiva certificazione della
malattia, si esegue un'endoscopia con biopsia per lo studio del danno
intestinale.
Vediamo ora in dettaglio quali sono i test sierologici che si
eseguono per la ricerca degli anticorpi.
Il primo marcatore sierologico è costituito dagli anticorpi
antigliadina (AGA), di isotipi IgA ed IgG.
Gli AGA IgG, sono maggiormente sensibili, infatti sono
positivi nel 92% dei soggetti celiaci non trattati, ma anche nel 22% di
soggetti affetti da altre patologie gastrointestinali.
Gli AGA IgA, invece, sono maggiormente specifici, positivi
nell'88% di pazienti celiaci non trattati ed il 10% in soggetti affetti da altre
patologie gastrointestinali.
Oggi questo test è utilizzato in maniera quasi esclusiva
nello screening di soggetti in età pediatrica.
Il secondo test è rappresentato dalla ricerca degli anticorpi
antiendomisio (EMA). Questo secondo test è ritenuto più specifico del
precedente, circa il 100%, e per questa altissima specificità, soprattutto per
gli EMA di isotipo IgA sono oggi universalmente accettati come test diagnostico
nello screening della malattia celiaca. Recentemente, poiché per alcuni
ricercatori la specificità era variabile tra il 75 – 100%, è stata dimostrata
l’esistenza di una seconda classe di EMA, di isotipo IgG1, in una popolazione
di soggetti con segni e sintomi di malattia celiaca negativi per gli EMA IgA,
in maniera indipendente dalla presenza o meno di un deficit selettivo per le
IgA. La combinazione del dosaggio degli isotipi IgA ed IgG1 degli EMA permette
di ottenere valori prossimi al 100% anche per quel che concerne la sensibilità.
A supporto di questi primi due test, e visto che la
transglutaminasi tissutale (tTG) è stata identificata come il maggior
autoantigene responsabile della produzione di EMA, la determinazione degli
anticorpi anti-tTG è stata proposta come un nuovo utile strumento per lo
screening sierologico di malattia celiaca. Questi presentano un elevato valore
di sensibilità, circa 98%, mentre la loro specificità è circa del 94%. Si tratta
comunque di test di prima istanza, infatti per una corretta diagnosi è ancora
indispensabile il prelievo bioptico per l’esame istologico e morfometrico, che
deve documentare l’atrofia dei villi accompagnata dall’iperplasia delle cripte
(rapporto lunghezza dei villi/profondità delle cripte <3:1) a dieta
contenente glutine, con ritorno alla normalità (rapporto villo/cripta =3:1)
dopo dieta senza glutine.
L’esame istologico e morfometrico utilizzato per la diagnosi
della malattia presenta però degli ovvi limiti, poiché i problemi a livello di
tecnica istologica e di osservatore potrebbero condurre ad interpretazioni
erronee del dato, inoltre è da tener conto anche della casualità del punto in
cui viene eseguito il prelievo bioptico, che potrebbe avvenire in zone
dell’intestino in cui la lesione non è evidente o è del tutto assente, come nei
casi, rispettivamente di atrofia zonale (la cosiddetta “patchy atrophy” degli
autori anglosassoni) e malattia celiaca latente.
Per quanto detto, negli ultimi tempi all’esame istologico
convenzionale è stata affiancata una nuova metodica di elevata specificità e
sensibilità: l’esame colturale. Questo esame prevede la coltura, in un
opportuno mezzo, del frammento bioptico di mucosa intestinale in presenza ed in
assenza di glutine al fine di valutare l’eventuale produzione degli EMA nei
liquidi di coltura delle biopsie intestinali. Si tratta di un test che
sta assumendo un ruolo molto importante nella diagnosi della malattia celiaca
soprattutto quando, sia per mancanza di dati clinici chiari, sia per mancanza
di prelievi bioptici adeguati per l’esame istologico, la diagnosi iniziale
potrebbe rimanere dubbia.
È proprio partendo dalla necessità di ricorrere
spesso a challenge di gliadina nella dieta di celiaci con diagnosi dubbia che
recenti studi di indagine diagnostica hanno posto particolare attenzione su
altri siti mucosali del tratto gastrointestinale. In particolare, osservazioni
su sezioni di mucosa rettale di pazienti celiaci, dopo stimolazione con
gliadina, hanno rivelato un rapido aumento del volume della lamina propria ed
un progressivo aumento di linfociti intraepiteliali. Recenti lavori hanno,
inoltre, studiato la risposta della mucosa orale dopo stimolazione locale in
vivo al fine di potersene servire come elemento utile a fine di diagnosi. Altri
studi sono attualmente in corso, per cercare di ottenere una sempre maggiore
conoscenza della malattia e, per estensione, dei metodi per diagnosticarla
correttamente e nel modo meno invasivo possibile. I tempi sembrano oggi maturi
per avvicinarci il più possibile a questo traguardo.
AAO
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